L’orecchio bionico che funziona con la luce

Riacquistare l’udito con la luce, è questa la promessa di un recente studio pubblicato sul ‘Journal of the American Chemical Society’, che segna un deciso passo in avanti
verso la realizzazione di una nuova generazione di impianti cocleari attivabili con la luce.
Parliamo di una sorta di “orecchio bionico”, che ha tutte le carte in regola per superare di gran lunga le prestazioni dei dispositivi attualmente in uso.
Allo studio ha partecipato anche, Carlo Matera, un chimico farmaceutico dell’Institute for Bioengineering of Catalonia (Ibec), oggi in forze all’università Statale di Milano.
Da UniMi ricordano “Attualmente circa un milione di persone nel mondo utilizzano un impianto cocleare, cioè un dispositivo impiantato chirurgicamente per ripristinare la percezione del suono in persone affette da perdita dell’udito profonda o da sordità. I microfoni all’esterno del dispositivo convertono il suono in segnali elettrici che poi stimolano direttamente il nervo uditivo nella coclea, la struttura dell’orecchio interno che trasforma i suoni in messaggi nervosi e li invia al cervello il quale, a sua volta, ne codifica la percezione. Sebbene gli impianti cocleari abbiano avuto grande successo nel permettere un recupero della comprensione del parlato in situazioni di silenzio, la loro risoluzione spettrale, ovvero la loro capacità di distinguere onde sonore con frequenze diverse, è limitata e non consente di apprezzare la musica o di seguire conversazioni in presenza di rumore.”
Da qui lo spunto che ha condotto alla scoperta della molecola TCPfast, attivata dalla luce blu e – ha dichiara il dott. Matera – “capace di legarsi a un recettore neuronale funzionando come una sorta di protesi molecolare che trasforma i normali neuroni uditivi in neuroni in grado di attivarsi con la luce”.
Il TCPfast è stato messo a punto e utilizzato per la prima volta dagli scienziati dell’Ibec in collaborazione con lo University Medical Center di Göttingen, il Consorcio Centro de Investigación Biomédica en Red de Bioingeniería Biomateriales y Nanomedicina (Ciber-Bbn) spagnolo e, sempre in Spagna, l’Institute for Advanced Chemistry of Catalonia del Consejo Superior de Investigaciones Científicas (Csic).
“Dopo aver testato gli effetti della nostra molecola in vitro su neuroni ippocampali – racconta Aida Garrido-Charles, ricercatrice Ibec – abbiamo condotto esperimenti in vivo su gerbilli, dei piccoli roditori. Questi esperimenti ci hanno permesso di verificare che, quando TCPfast viene colpito da luce blu, è in grado di indurre un segnale nei neuroni della coclea. Si tratta della prima volta in cui un risultato del genere viene ottenuto adottando una strategia farmacologica e non genetica”.
L’obiettivo futuro degli scienziati è “migliorare le caratteristiche di TCPfast e studiare più a fondo l’effettiva capacità di molecole di questo tipo di ripristinare l’udito”.